domenica 15 febbraio 2009

Perché il processo penale è in crisi

16 febbraio 2009 - sintesi delle principali problematiche a cura di Claudio Nunziata
LA MANCANZA DI RIMEDI STRUTTURALI
La funzionalità del processo penale deve essere affrontata con soluzioni che riguardino l'intera struttura del processo. La riforma proposta dal governo non è in questo senso.
Alcune delle modifiche proposte possono essere utili, ma si tratta di palliativi con una ricaduta limitata, altre sono invece rivolte addirittura a gravare il processo di ulteriori oneri con inevitabile allungamento dei tempi (eliminazione della previsione di un vaglio di pertinenza del giudice sulle nuove prove dedotte dalla difesa dell'imputato).
Uno dei fattori che disperde l'impegno giudiziario è dato dalla possibilità per le difese di proporre continuamente nuove questioni e mutamenti di riti, circostanza che non consente al giudice di programmare il proprio lavoro e porta ad una dispersione enorme di energie giudiziarie. La stessa previsione di fissazione dell'agenda del Tribunale da parte del GUP - e prima di conoscere la consistenza del processo - costituisce un non senso che impedisce la programmazione del lavoro. Ma anche la previsione di una udienza preliminare strutturata come una ulteriore fase di giudizio si è in pratica tradotta in un quarto grado che prima del 1989 non esisteva. Ed il GUP come giudice unico del giudizio abbreviato si è rivelato una incoerenza sistematica dopo la introduzione del giudice unico.
L'APPELLO
I tempi del processo sono raddoppiati dopo le riforme del giudice unico e del giusto processo, un prezzo necessario che avrebbe però imposto qualche rinunzia. Non possiamo più permetterci un doppio esame nel merito dopo un processo tanto garantito in primo grado. Non dico l'eliminazione dell'appello, ma almeno la creazione di un filtro di ammissibilità, la previsione dell'impossibilità di appellare per motivi di quantificazione della pena, lasciando casomai la pienezza dell'appello solo per i processi di Corte di Assise e per le sentenze di condanna a pena superiore ai 3 anni, che ogni anno sono solo 7500 circa su 148.000 condanne alla reclusione da parte del giudice di primo grado.
Il 70% dei processi in appello si concludono con la conferma della responsabilità ( di cui il 25% con conferma della sentenza di primo grado ed il 45% con riduzione della pena). L'altro 30% dei processi di appello finiscono con un 10% di prescrizioni, un 8% di ndp per motivi processuali e solo un 12 % con riforma nel merito.
E' solo per salvaguardare questi circa 10.000 processi che altri 70.000 processi che arrivano ogni anno presso le Corti di appello rimangono congelati per un tempo che varia dai 3 ai 5 anni.

Ma se non vi fosse l'appello gli imputati non rimarrebbero senza garanzia, in quanto potrebbero sempre ricorrere in Cassazione per essere ammessi ad un secondo giudizio di merito o in qualsiasi tempo, anche dopo che la sentenza sia divenuta definitiva, far valere la propria innocenza mediante la produzione di una nuova prova risolutiva della loro innocenza, non esaminata nel corso del primo giudizio.

E' evidente che introducendo un filtro le Corti di Appello sarebbero sgravate di oltre i due terzi del proprio lavoro e circa 400 magistrati – solo con riferimento al penale - potrebbero essere utilizzati per rendere più celere la fase di primo grado dinanzi ai Tribunali.

La eliminazione dell'appello solo per il PM, invocata come soluzione da qualcuno, è una presa in giro, dal momento che gli appelli del PM sono meno del 5% e questa soluzione, a parte la palese incostituzionalità in un processo di parti, sarebbe assolutamente inefficace

LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE SUL TERRITORIO
Un rimedio strutturale sarebbe la riduzione di un terzo degli uffici giudiziari mediante l'accorpamento della miriade di piccoli tribunali e di Corti di Appello disseminate sul territorio.

94 Tribunali su 165 hanno un bacino di utenza inferiore ai 250.000 abitanti, 10 Corti di appello su 29 inferiore al milione.

Poi vi sono le conseguenze della normativa che impedisce una equilibrata distribuzione dei magistrati nei vari uffici giudiziari, in conseguenza della separazione delle funzioni requirente e giudicante.

Oramai vi sono una trentina di Procure con meno della metà del loro organico. Alla procura per i minorenni di Caltanissetta e a quella di Reggio Calabria i posti scoperti hanno raggiunto il 100%, il che vuol dire che in questi uffici ormai c'é solo il procuratore capo e nessun sostituto. Il problema non riguarda solo il Sud, ma anche tanti uffici requirenti del Nord che hanno raggiunto vuoti di organico da allarme rosso. Se a Gela le scoperture sono pari all'80%, Pavia e Alba hanno raggiunto il 75%, come Enna e Patti; Gorizia è al 60%, appena al di sotto di Nicosia. Ragusa e Nuoro (67%).

La ragione del fenomeno è che sinora i posti vuoti nelle procure venivano coperti con l'invio di magistrati di prima nomina; una soluzione diventata impossibile da quando è stato introdotto il divieto di assegnare le toghe a inizio carriera a funzioni penali monocratiche, come quelle di pm o di giudice fuori da un organo collegiale
ARRETRATEZZA ORGANIZZATIVA
Vi sono poi problemi di arretratezza derivanti dalla mancata riorganizzazione dei servizi e delle normative in funzione delle nuove potenzialità informatiche che non sono stati affrontati e di incapacità di selezione di una classe dirigente all'altezza della situazione. Ma questo è un altro problema, da solo certamente non risolutivo, che non riguarda solo la Giustizia, ma tutto il paese.

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