martedì 18 dicembre 2007

Come rendere trasparenti le posizioni di maggioranza

Dopo la vittoria elettorale ed i primi positivi esiti parlamentari torniamo a prestare attenzione ai rischi che corre la Costituzione, argomento completamente pretermesso dalla campagna elettorale.
Nella riforma costituzionale abbiamo un Primo Ministro che fa di tutto: si fa proclamare direttamente dal popolo, dispone a suo piacimento dei ministri, tiene sotto scacco la maggioranza parlamentare, si appropria del potere di sciogliere il Parlamento, può ottenere che la Camera decida nelle materie attribuite alla competenza del Senato e che il Parlamento annulli le leggi regionali.
Per consentirgli di realizzare agevolmente questi obiettivi la nuova legge elettorale gli fornisce in dote un premio di maggioranza rivolto ad assicurare la governabilità, ma che gli consente anche di fare tante altre cose che con la governabilità non hanno nulla a che fare: tra queste la nomina del Presidente della Repubblica e le modifiche costituzionali.
In realtà le riforme in buona parte cristallizzano una pratica che nel corso della legislatura appena cessata era già diventata operativa con forzature della Costituzione vigente. Prima che si formi una sorta di assuefazione a queste pratiche, occorre ripristinare i corretti equilibri costituzionali e rimettere il catenaccio alla Costituzione, salvo quelle riforme che risulteranno unanimemente condivise da tutte le forze politiche e che interpreteranno i reali sentimenti del paese.
Ma prima di ogni intervento riformatore occorrerà ripristinare il funzionamento degli organi di garanzia per contenere quel tendenziale strapotere dell’esecutivo che in un sistema bipolare (che si basi su una maggioranza assoluta precostituita) può teoricamente affermarsi.
Oramai da molti anni in Italia si cerca di risolvere il problema della frammentazione del sistema politico e della breve durata dei governi ponendo mano a riforme costituzionali ed elettorali. Ma se particolari soglie di maggioranza erano state previste dal Costituente per passaggi parlamentari che richiedevano il consenso anche delle forze politiche di opposizione, l’alterazione del sistema di rappresentanza dell’elettorato attraverso i nuovi sistemi elettorali le ha rese effimere.
E le vicende politiche degli ultimi dodici anni hanno dimostrato che, nonostante le riforme proposte, la contraddizione tra rappresentatività e governabilità resta insanabile, perché ha lasciato irrisolti i rischi di instabilità e la molteplicità delle formazioni politiche che continuano a rappresentare una connotazione del modo tutto italiano di fare politica.

La alterazione del principio di rappresentatività con il governo Berlusconi ha dimostrato di prestarsi anche ad atteggiamenti prevaricatori delle posizioni di maggioranza con effetti distorsivi degli equilibri democratici, perché la Costituzione del 1947, ed anche la recente riforma costituzionale, non prevedono meccanismi di salvaguardia – vale a dire soglie di maggioranza particolarmente qualificate - per assicurare l’indipendenza degli organi di garanzia e la condivisione tra maggioranza e opposizione delle riforme di sistema.

Questa è la frontiera sulla quale il centrosinistra dovrà misurarsi, anche prescindendo dalla posizione di vantaggio di cui attualmente gode, perché la trasparenza fa bene alla democrazia e la disponibilità alla trasparenza farà bene all’Unione. E, nel caso auspicato in cui i NO prevarranno nel referendum costituzionale, la nuova maggioranza dovrà occuparsi di approvare con urgenza - a qualsiasi costo - e, se del caso, anche con i soli propri voti, una riforma dell’art. 138 che elevi la soglia per la modifica della Costituzione dalla maggioranza assoluta ai due terzi, salvaguardandone la effettiva rigidità rispetto a qualsiasi colpo di mano.

Certamente tutto questo non può giustificare la rinunzia al tentativo di ricercare soluzioni efficaci al problema della governabilità, che é un problema reale, ma esso richiede una estrema cautela per garantire in via prioritaria che non vengano intaccati l’equilibrio tra i poteri dello stato ed i valori garantiti dalla Costituzione vigente. Si dovrà pertanto intervenire, ma preservando il bilanciamento di principi e valori, senza che nessuno di essi possa essere annullato a scapito dell’altro.
Deve essere chiaro che in un sistema democratico quanto più si lasciano le mani libere all’esecutivo tanto più devono essere rafforzati i poteri di garanzia. Sotto il governo Berlusconi è avvenuto esattamente il contrario, si è tentata tanto la strada della delegittimazione quanto quella del depotenziamento degli organi di garanzia, che con la riforma costituzionale verrebbero definitivamente neutralizzati.
Anche se il quadro costituzionale rimarrà, come tutti ci auguriamo, salvaguardato, occorrerà egualmente evitare che si ripetano – da parte di chiunque – rischi di alterazioni del quadro costituzionale o modifiche che non siano unanimamente condivise.
Poi occorrerà creare le condizioni affinché tutti gli organi di garanzia siano in grado di esprimere la massima capacità operativa, recuperando anche quella situazione di strutturale debolezza in cui attualmente versano.
E prima ancora, che non sia possibile ad un capo di governo, ma anche a qualsiasi altro potere, di attaccare e di interferire con essi e, soprattutto di condizionare il voto elettorale attraverso un dominio spropositato sui mezzi di comunicazione ovvero attraverso disponibilità economiche che alterano il principio della pari opportunità fra i competitori.
E bisogna neutralizzare le situazioni in cui possono svilupparsi il voto di scambio e la possibilità di acquisire il consenso politico con promesse di danaro e altre utilità. Occorre cioè assicurare gli standard di democrazia avanzata, eliminando una volte per tutte i rischi di autoritarismo e di manipolazione che si sono creati per effetto di una legislazione istituzionale dissennata.

Claudio Nunziata, 30 aprile 2006

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