martedì 18 dicembre 2007

Come suscitare entusiasmo intorno al partito democratico

La proposta di un nuovo partito, che rappresenti una sintesi tra radicali e riformisti, nasce dalla constatazione di una diffusa disaffezione verso la politica. Per ovviarvi occorre un vero e profondo processo di rinnovamento e ringiovanimento della classe dirigente dei partiti e mettere in moto meccanismi di partecipazione analoghi a quelli che hanno consentito di realizzare il successo delle primarie. Avverto questa come una pregiudiziale irrinunziabile, come irrinunziabile è uno statuto del nuovo partito che non consenta a nessuno di mettervi sopra una ipoteca solo perché ha avviato le prime iniziative a suo sostegno.
Quanto ai contenuti, si tratta di riprendere quel processo di continua ricerca di un equilibrio tra i valori del riformismo cattolico e quello socialista che già nel 1947 trovarono una felice sintesi nella enunciazione dei principi fondamentali della Costituzione. In questo mezzo secolo di democrazia quei valori sono stati arricchiti ed ampliati ed ora richiedono un rinnovato sforzo di accrescimento di fronte ai problemi epocali della società moderna: da quelli della globalizzazione a quelli della rivoluzione tecnologica, da certe rigidità del liberismo economico alle trasformazioni ambientali che interessano l´intero pianeta, dai problemi dei grandi flussi migratori alla estensione della pratica della guerra come metodo di soluzione dei conflitti.
Credo che l´affermazione di Massimo D´Alema che "il socialismo non basta più", debba essere presa semplicemente per quello che vale, nel senso che oggi si richiede uno sforzo di elaborazione nuova che trascende dagli schemi tradizionali del riformismo. Si tratta di una nuova dimensione dello scenario politico, della quale è necessario prendere realisticamente atto nel tentativo di ricercare soluzioni che rispondono ai principi comuni cui è sempre stata improntata l´azione politica delle componenti che si riconoscono in questo progetto. Altrimenti si rischia di consentire alle forze conservatrici e reazionarie di governare questi processi senza resistenze ed in modo esclusivo. I temi sui quali sperimentare un nuovo e più moderno approccio in quest´ottica sono tanti: lavoro, rapporti stato/mercato, diritti civili, eguaglianza, promozione ed equità sociale, pari opportunità, etica e responsabilità pubblica, funzionalità della Giustizia e della P.A., diritti di cittadinanza, tutela dei consumatori, sicurezza, problemi istituzionali (legge elettorale e emendamenti alla costituzione), etc..
Poiché la realizzazione di questo obiettivo comporta la necessità di ritrovare elementi comuni tra persone che hanno anche tradizioni culturali e convinzioni diverse in alcuni ambiti - e nei confronti di queste differenze occorre mantenere rispetto - esso non può tradursi anche in regola rivolta a condizionare il libero esercizio del voto parlamentare in quelle materie che non siano direttamente rivolte a sostenere unitariamente un programma di governo. Ed occorre di conseguenza definire, nel modo meno approssimativo possibile, il confine di questa autonomia politica e parlamentare, che non deve essere considerata un fattore contingente, ma una eventualità strutturale di un nuovo modo di fare politica in un sistema bipolare. Un nuovo modo di definire lo spazio politico: il partito non più come casa ideologica di appartenenza totalizzante, bensì come luogo della composizione di approcci differenti ai vari problemi, approcci provenienti da un´area più ampia di quella di provenienza, ma che comunque riconosce il carattere unificante dei valori fondamentali della Costituzione e che si rende conto di non potere trovare questa composizione con quella parte del paese che invece in essi non si è mai riconosciuta con convinzione.
Il populismo - ora con Forza Italia e la Lega come negli anni `20 con il fascismo - ha allevato all´egoismo, al rifiuto delle regole e spesso anche all´illegalità, vasti strati della popolazione. E´ oramai un dato endemico nella storia del nostro paese che non ci consente di ricercare in parlamento con questa area uno spazio costruttivo di confronto sul piano delle riforme, se non rinunziando ai principi ai quali vogliamo ispirare la nostra azione politica. Ne deriva come conseguenza inevitabile quella di aspirare a creare una forza politica in grado di riempire uno spazio politico, il più vasto possibile, di respiro completamente nuovo. Nell´attuale sistema bipolare una semplice federazione di partiti, che autonomamente non hanno sinora avviato o prospettato alcuna premessa per un loro completo rinnovamento, non sembra idonea a raggiungere lo stesso obiettivo.
Un presupposto necessario di questo diverso approccio alla politica dovrà essere necessariamente un nuovo metodo (statuto, primarie e quanto altro) che assicuri la scelta ed un ricambio almeno parziale della classe dirigente, con la partecipazione degli iscritti e/o anche dei simpatizzanti ad alcune opzioni fondamentali (ad esempio, selezione delle candidature). Con un metodo che riesca a rappresentare fedelmente, in tutte le diversificazioni esistenti, le espressioni culturali della base, in modo che non si verifichino effetti distorcenti, non solo in occasione della selezione alle cariche monocratiche, ma anche in sede di formazione delle liste di candidati da proporre in vista degli impegni elettorali. Solo a queste condizioni potrà esservi un successo come quello delle primarie, un successo che potrebbe andare ben al di là delle aspettative e innescare un circolo virtuoso in grado di scompaginare le ambizioni di chiunque avesse in mente di controllare questo processo solo per fini di affermazione personale ovvero con la riserva di tradire poi le aspettative partecipative che, sole, possono dargli l´anima.
Potrà rappresentare un valore aggiunto la diversità di opinioni tra i soggetti che vi confluiranno, quelli provenienti dai partiti fondatori tradizionali e gli elementi nuovi che l´arricchiranno. E potrà consentire di includere nell´impegno politico attivo tante persone ed associazioni che, non avendo insegne di appartenenza, sono disponibili ad entrare in politica rimanendo in certo qual modo liberi di dare a ciascun problema la risposta che essi ritengono adeguata alle circostanze ed al momento. Ho la netta sensazione che se ora facessi prevalere la diffidenza e mi schierassi pregiudizialmente contro questo progetto, finirei per dare una mano all´immobilismo.
Se si intende con convinzione perseguire questa strada, come si afferma da più parti, occorre però che siano chiariti alcuni equivoci ed eliminate alcune ambiguità. Tra queste la posizione veltroniana che ipotizza una figura di un capo di governo scelto direttamente dagli elettori, che dovrebbe essere considerata impraticabile dopo l´esito del referendum costituzionale; e, nella mozione unitaria dei D.L., la limitazione delle primarie alla scelta delle sole cariche monocratiche senza prevedere come indispensabile anche un percorso democratico per la selezione delle candidature in occasione delle varie competizioni elettorali; i rapporti con il Partito Socialista Europeo lasciati ancora nel vago; l´impianto federativo del nuovo partito che sembrerebbe ispirato a porre dei limiti ad una effettiva democrazia interna del nuovo soggetto politico. Queste perplessità dovranno essere sciolte al più presto se si vuole con convinzione tradurre il progetto del Partito Democratico in un vero e proprio processo di crescita politica partecipata e far scattare la molla dell´entusiasmo intorno ad esso.

Coloro che sono interessati a questa prospettiva possono aderire al documento pubblicato sul sito www.centopassi.info

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